. . . . . . . .
. . .
Il segreto della felicità è la libertà. Il segreto della libertà è il coraggio. "- Tucidide. Θουκυδίδης, Thūkydídēs -Atene,ca. a.C. 460 a.C.- dopo il 440 a.C. -

dal 1764 voce illuminista a Milano

12 apr 2012

A che servono i vecchi?



"Abbiamo combattuto e pensavamo di aver vinto con la seconda guerra mondiale, invece ci siamo sbagliati. Non volevamo essere considerati nella logica di fare di tutta un erba un fascio ed invece ci ritroviamo in questa considerazione." 


La questione anziani è tragica e ci coinvolge tutti... ma specialmente i più deboli, poiché oggi come oggi se hai soldi puoi vivere in eterno o quasi. 


La vecchiaia bisogna prenderla in seria considerazione con matura non superficialità, senza dimenticare il fatto è che vi sono giovani già più vecchi dei vecchi e  vecchi più giovani dei giovani, questo in relazione al contributo e all'apporto sociale che ognuno di noi dovrebbe dare per l'evoluzione.


La posizione Fondo Monetario Internazionale appare assurda sotto molteplici aspetti sopratutto in relazione al ecosistema welfare, oggi mal strutturato e viziato da poteri economico religiosi i quali  dovrebbero garantire il rispetto delle persone ma alla fine sono condizionati  dal sistema economico stesso.
Il risultato che si propone è esasperato e potrebbe risultare una società di anziani mantenuta allo stato vegetale da macchine salva vita, questo è il dilemma che ha visto il padre di Eluana  sul fatto se si  poteva  staccare il sondino oppure no, con la decisione  sul ricorso della procura di Milano contro la sentenza che dava via libera allo stop all'alimentazione, ma in ultima decisione sempre nel rispetto delle volontà espressa quando  era cosciente.
Riteniamo che la morte può essere aiutata ma che debba essere un passaggio sereno  e non attribuito alla morte per fame o per sete, già troppe sofferenze vengono sopportate in vita e questo passaggio deve essere il più sereno ed indolore possibile. 
La morte per fame o per sete risulta una delle morti più dolorose ed inoltre presuppone una accordo, una accettazione indiretta che globalmente ci coinvolge moralmente di fronte anche all' emergenza umanitaria che ha colpito l’Africa, dove si sta consumando una nuova strage e noi non stiamo facendo nulla per fermarla. I primi a morire sono i bambini  che muoiono di ora in ora, a centinaia. In migliaia non ci sono già più per fame e per sete.  La FAO del 2003 segnala che più di 25.000 persone muoiono di fame ogni giorno, per l'Organizzazione Mondiale della Sanità  la fame è la minaccia più grave unica per la salute pubblica mondiale. La morte per fame è anche un metodo di esecuzione che consiste nel lasciare senza cibo la persona condannata fino a che questa non muore. La morte sopraggiunge dopo non meno di 1 settimana. (eticamente non possono considerarsi  questioni diverse).
Tutto bisogna tentare per il vecchio ammalato, ma se alla fine il tutto risulta solo una situazione legata alla sopravvivenza del dolore e per la quale non possiamo assolutamente farci nulla, dobbiamo  considerare che in uno stato di incoscienza  vegetale e per il quale stato non sappiamo in effetti quali sia la vera sofferenza dell'individuo, potrebbe essere  o diventare l'incubo più terribile che ci colpisce. 
Coscientemente bisogna accompagnarlo al passaggio. 
Questa decisione non può essere presa singolarmente o individualmente sia per rispetto del malato per il quale si devono rispettare principalmente le sue volontà espresse in vita, che di coloro che lo stanno accompagnando,   deve essere espressa dai famigliari e confermata da medici e giudici specializzati in questa direzione e supportata da psicologhi;  considerando inoltre che troppi possono essere gli atti che conducono alla sopraffazione dei più deboli per avidità d'interesse e sopratutto il decesso non può avvenite nella sofferenza per fame o per sete.
Purtroppo queste situazioni vengono affrontate troppo emozionalmente e poco condivise risultando ancora quale deficienza del sistema cognitivo umano nella sua incapacità risolutiva e decisionale. Necessita la condivisione di una legge sulla fine della vita, dai contenuti inequivocabili nella salvaguardia e nel rispetto della vita stessa, da elaborare con il più ampio e condiviso consenso possibile e non strumentalizzato da interessi di parte o filosofici, ma nell'esclusivo interesse della persona della sua volontà e del suo dolore. 
Purtroppo il costo che sopportiamo della politica inutile fa che ci troviamo ancora senza una legge condivisa e indipendente.
Tutto il potere è vecchio  e molto costoso, incluso il Fondo Monetario Internazionale  e viene tenuto in vita  da quella macchina che li alimenta, forse è arrivato il tempo per prendere decisioni intelligenti, non fare di tutta un erba un fascio e ripensare al sistema organizzativo globale.


Azione Anziani la direzione.



 Alleghiamo  www.contropiano.org  un commento delicato, sensibile e condivisibile:


A che servono i vecchi? A nulla, risponde il nuovo capitalismo. Sono soltanto un costo, ovviamente da abbattere. In senso fisico.
Stiamo esagerando, potreste pensare. E invece no. L'ultimo Outlook pubblicato ieri dal Fondo Monetario Internazionale - che certo non è un'istituzione di beneficienza – recita papale papale:
«i rischi connessi a un aumento dell'aspettativa di vita sono molto alti: se entro il 2050 la vita media dovesse aumentare di tre anni più delle stime attuali, aumenterebbero del 50% i giá elevati costi» dei sistemi di welfare. Non sia mai detto...
Se volessimo, per semplicità, ragionare in un'ottica solo italiana, potremmo a questo punto tirare le conclusioni di un lungo percorso che va dalla prima delle innumerevoli riforme delle pensioni (Dini, 1996) fino all'attuale “riforma del mercato del lavoro”. Tutte modifiche motivate con la “necessità di parametrare l'età pensionabile con le aspettative di vita”, si diceva, in modo da “non scaricare i costi sulle generazioni future”.
Ora apprendiamo che proprio il prolungamento della vita media – un effetto diretto del welfare post-bellico, fatto di istruzione, sanità, pensioni, limiti allo sfruttamento in termini di orari, ferie, ecc – è il problema.
Badate. Il Fmi non parla dell'Italia, ma dell'Occidente capitalistico, dei paesi più industrializzati. Parla di una civiltà che viene definita “economicamente incompatibile” con il sistema di produzione e distribuzione esistente. Una way of life venduta per quasi 60 anni come il migliore dei mondi possibili, che era servita a tenere lontani (e minoritari) i fantasmi della Rivoluzione, stemperando in “riformismo” le rivendicazioni del movimento operaio.
Tutto finito, inutile, ingombrante, costoso. Il nuovo “modello sociale” dovrà esse plasmato sui criteri della “competitività”, quindi sul lavoro flessibile, pagato poco, senza “inutili rigidità” come quelle garantite dai diritti. Senza servizi sociali o miracolose attese per “la vita dopo il lavoro”. Il “ciclo di vita” capitalisticamente “virtuoso” si deve consumare per intero dentro la fase “produttiva”; il dopo non è un problema del capitale e dell'economia. Se hai una struttura familiare e rendite che ti possano garantire, bene; altrimenti spegniti senza dare fastidio ulteriore, senza pretendere cure, reddito, casa, assistenza pubbliche.
Che questo modo di procedere sia anche economicamente utile, è dubbio. Sedetevi la mattina davanti al principale dei monumenti cittadini e osservate bene le code di turisti che l'attraversano. Vedrete orde di pensionati ex lavoratori dipendenti, ex insegnanti, ecc. Abbattere i livelli di reddito dei pensionati “occidentali” (giapponesi compresi, ovviamente) avrà ricadute immediate sul turismo di massa e l'indotto sconfinato che questo genera. Dalla ristorazione alle strutture alberghiere, dalle compagnie aeree low cost agli ambulanti, fino ai “centurioni” del Colosseo. Possiamo agevolmente prefigurare la scomparsa di decine di professionalità di servizio: dai dietologi ai personal trainer, dai centri benessere ai negozi “bio”.
Ma si tratta di un “dimagrimento sociale” perseguito lucidamente, non tanto di conseguenze inattese di politiche insensate. La ragione di fondo sta nella causa vera della crisi: sovraproduzione di capitale. Che non significa affatto – come tanti lettori di Marx per sentito dire credono – semplice “sovraproduzione di merci”. Il Capitale, infatti, comprende certo i soldi, i macchinari, le merci, i servizi, i trasporti, ecc. Ma anche le persone fisiche. Quelle che entrano nel processo di produzione sotto la voce dicapitale variabile. E che ci entrano come sorgente da cui estrarre plusvalore, certamente; ma che rappresentano pur sempre – per il capitalista – anche un costo.
In tempi di crisi, tenere gente in vita è più un costo che un'opportunità. Certo, ai bei tempi tutto sarebbe stato risolto con una bella guerra, che consentiva di spianare capitale altrui (ricchezza accumulata, macchine, merci, persone, ecc) distruggendone anche, in parte, del proprio.
Purtroppo, la proliferazione nucleare ha di fatto tolto di mezzo questa possibilità: l'esito finale. In termini di distruzione di capitale, rischia di essere decisamente ecccessivo. I “nemici di comodo” che di volta in volta possono essere investiti con la potenza distruttiva accumulata – i Gheddafi, gli Assad, i Saddam - sono ben poca cosa rispetto alle quantità che andrebbero eliminate per rilanciare l'accumulazione.
Quindi la guerra “per l'eliminazione della capacità produttiva in eccesso” si introverte all'interno stesso dei paesi industrializzati. O imperialisti che dir si voglia. Diventa guerra contro la propria popolazione in eccesso, contro i “privilegi” che ne hanno fatto salire in modo così pericoloso l'età media, le “aspettative di vita”.
E' una guerra che può anche non richiedere l'uso delle armi. Basta “esodare” centinaia di migliaia di persone all'improvviso. Magari ogni anno o giù di lì.
Se li “lasciamo fare”, è quello che faranno. Lo stanno già facendo.

di  Dante Barontini